LA REPUBBLICA - LUNEDÌ, 01 MARZO 2004

 

 

Pagina 25 - Cronaca

 

L´INTERVISTA

 

Luca Giuliano è un´autorità del mondo ludico

 

"In cerca di nuove identità facendo rivivere il passato"

 

 

 

reality show Anche nei reality show lo spettatore entra nella tv

 

 


ROMA - Luca Giuliano insegna Metodologia delle Scienze Sociali alla Sapienza di Roma, da anni è una delle voci più autorevoli nel mondo ludico italiano, ha pubblicato saggi e giochi: fra cui, appunto, "On stage!".
Perché rifarsi dichiaratamente al teatro?
«Perché volevo un gioco dove i personaggi fossero centrali e dove non fossero indispensabili quantità sterminate di conoscenze. Pensare al teatro e pensare al teatro di Shakespeare, e quindi ad Amleto, che di fatto racchiude tutto il mondo shakespeariano, è stato automatico».
"On Stage!" permette di entrare nelle storie e viverle, come tutti i giochi di ruolo. Che guarda caso si affermano in Italia negli anni Ottanta, gli stessi in cui si diffondono altri due strumenti apparentemente lontanissimi come il telecomando e il personal computer. È un caso?
«Ovviamente no: sono tutti modi di agire su un racconto. Quelli sono anche gli anni in cui si parla con insistenza di frammentazione della modernità, in cui cresce la consapevolezza dell´incoerenza di un´identità unica e immutabile. Si può reagire in vari modi: smarrirsi nelle sollecitazioni del consumo, recuperare un´identità forte e mitica dal passato, oppure accettare la perdita di un centro trasformandola in elemento creativo».
La voglia di essere protagonisti di una storia è una delle conseguenze di questo?
«In varie forme. Pensiamo al reality show, dove gli spettatori entrano in prima persona nella tv. Ma il reality non è altro che un gioco di ruolo: sia nel Grande Fratello che nella Talpa i partecipanti giocano una variante della propria personalità».
E come si concilia il bisogno di storie che vengono anche dal teatro con quel che sembra essere un disamore del pubblico italiano verso il teatro stesso?
«Il grande attore Louis Jouvet diceva che ogni uomo possiede un´anima più grande della propria vita e che è questo di più che nutre il personaggio. Nei giochi di narrazione quel "facciamo finta che io ero", che è la radice stessa del teatro, scende fra il pubblico. E se il teatro professionale non risponde più a questa esigenza, l´attività ludica, giustamente, se ne riappropria».
(lo.lip.)