Digio -- R: [pathosNET] Odg2: Arbitri o giocatori?

Date: 2000/05/16 12.04
From: "Digio" <digio@ats.it>
To: <PathosNET@pathos.it>


----- Original Message -----
From: Luca C. Giuliano <mc3133@mclink.it>
To: <PathosNET@pathos.it>
> 2) Nel "Progetto" si dice che PATHOS e' "un GdR dal vivo senza master".
E'
> ancora vero questo? E poi: e' davvero possibile? Dopo tre anni di gioco
> siamo in grado di affermare che questo modo di giocare funziona? Master
non
> sempre significa "Arbitro". Ma allora dobbiamo precisare quali sono le
> funzioni degli Arbitri e separare il loro ruolo da quello dei giocatori?

R.2
Questo è uno dei quesiti più importanti che siamo chiamati a discutere.
Glisserò sulla definizione gdr senza Master. Da lungo tempo non noi, ma i
fatti ci hanno dimostrato che era una chimera. Gdr Multimaster sarebbe più
indicato.
A questo proposito, prima di rispondere a questa domanda farò una premessa,
che mi renderà assai impopolare.

Tra noi ci sono fior di sociologi, per cui parlare di sociologia davanti a
loro mi pare da parte mia un azzardo, non essendo il mio campo, per cui
perdonatemi fin d'ora per le eventuali imprecisioni e scusate per la mail
che potrebbe sembrare poco sentimentale e molto positivista, ma sto
sforzandomi di pensare alla situazione presente da un punto di vista critico
e questo mi aiuta....

Che ci piaccia o no, Pathos è un gruppo sociale. Già il fatto di averlo
definito "comunità virtuale" è indicativo. Non avremmo usato questo termine
qualche anno fa. perchè non eravamo una comunità virtuale ma un gruppo di
gioco presumibilmente transitorio.
Ora siamo una comunità virtuale il che ci rende una cellula sociale, anomala
quanto volete, ma paragonabile, con le dovute cautele, a qualunque entità
sociale esistente, stato, setta, famiglia, squadra, corpo militare, partito
d'opinione, comunità di convivenza, ecc...

Noi non facciamo eccezione nell'ambito dei gruppi sociali. Ci sono
meccanismi ed effetti a cui non sfuggiamo, anche se ci piace pensare di sì.
Pathos, lo abbiamo visto dalle interminabili statistiche che il nostro
Presidente ci ha sciorinato durante l'ultima scuola quadri, a Gubbio, è un
gruppo di persone abbastanza composito, per sesso, età e livello sociale.
Quello che ci unisce è che siamo, senza arrivare a dire che apparteniamo
alla classe intellettuale del Paese, che forse sarebbe un po' presuntuoso,
un gruppo caratterizzato mediamente da cultura superiore, interessi più o
meno comuni, un quoziente intellettivo abbastanza elevato, con alte punte di
creatività e personalità spiccatamente attive e vivaci.
Questo, lo si vede in qualunque gruppo sociale con queste caratteristiche, è
sufficiente per fare sì che ognuno, avendo basi e carattere sufficiente,
tenti di imporre, sia pure con mezzi civili e di persuasione dialettica, il
proprio punto di vista personale.
Se ne deduce quindi la necessità dell'esistenza di figure investite di
un'autorità necessaria per rendere tale dialettica ordinata e non
conflittuale, autorità che trae la sua legittimazione dal consenso comune
della maggioranza della cellula sociale.

Nel nostro caso questi sono gli Arbitri. Sette arbitri per la precisione.
Che non abbiamo scelto, badate bene, ma essendo i fondatori di questo
gruppo, li abbiamo investiti del nostro comune consenso, e pertanto
legittimati, nel momento del nostro ingresso in Pathos.

Il problema è che la loro funzione, nel corso di questi anni, è cambiata. Da
meri arbitri di un gioco, quali essi erano in origine, essi sono diventati
punti di riferimento necessari per l'esistenza della comunità. Consciamente
o inconsciamente, il rapporto di gioco, trasformato in rapporto sociale, ha
investito queste figure di una nuova responsabilità che forse molti di loro
non erano neanche pronti o adatti a sopportare, e forse non hanno neanche
percepito, la responsabilità di tenere assieme un gruppo di 200 persone
animate da individuale volontà di potenza (nell'accezione filosofica del
termine).

E da qui l'anomalia del nostro gruppo sociale: i nostri "duces", chiamamoli
così con accezione che vuole essere solo scherzosa, essendo i custodi dei
segreti e dell'andamento del gioco che è la nostra base comune, non sono
sostituibili, perchè ognuno di loro rappresenta un irrinunciabile elemento
del gioco e la sua assenza causerebbe uno strappo nella credibilità del
gioco assolutamente pericolosa per la sua stessa esistenza e per il suo
equilibrio, lo abbiamo visto con la defezione di Massimiliano Roveri/ Eterno
Sogno.

Deriva da ciò che un eventuale dissenso, anche suffragato da civili ed
evidenti motivazioni, contro uno dei duces, non può essere portato a status
costruttivo se non suffragato dal sostegno di alcuni dei duces. ma per il
medesimo motivo di cui sopra, mancando un semplice meccanismo di rimozione
del leader, gli altri duces dovrebbero, per farlo, sempre ammesso che
fossero d'accordo, agire di iniziativa personale, non "de iure", un atto
cioè di volontà e non di ufficio, cosa che li metterebbe in conflitto fra di
loro. Per evitare tale conflitto, benchè convinti della fondatezza del
dissenso, i duces sono costretti a soprassedere, minimizzare il dissenso, o
ignorarlo, con la motivazione di preservare la compattezza della comunità.
Questo porta il dissidente all'isolamento prima e all'allontanamento poi,
impededendo "de facto" l'apporto giudicante della base ed incrinando la
regola del consenso.

Molti di voi avranno riscontrato nel modello sociale sopra riportato, quel
modello che siamo soliti chiamare Autoritarismo nell'ambito delle scienze
politiche. Tale è anche se l'accezione, riportata al nostro esiguo
gruppuscolo, ci fa sorridere.
E in un regime di autoritarismo purtroppo ogni dissenso scaturito dalla
base, se si scontra con un autoritarismo "non illuminato" ma talvolta
arbitrario e offensivo, si esprime con una spaccatura sociale, quale è
quella che noi stiamo vivendo.

Ancora una volta, Pathos ci sta insegnando qualcosa.

Ecco perchè L'Arbitro NON deve essere giocatore ma solo Arbitro. Ci sono
anche altre ragioni, ma questa a mio avviso è la più importante. Giocare
porta automaticamente ad intervenire nel gioco con dei parametri di
interesse personale nella narrazione, che spesso per osmosi si trasferiscono
nella realtà. Non possiamo negarlo. Accade anche a livello inconscio.
L'Arbitro in ogni gdr muove i PNG non i PG! L'Arbitro DEVE tentare di avere
una visione oggettiva e ampia, deve essere depositario del nostro consenso e
della nostra fiducia, che sono doni preziosi... E le stesse motivazioni di
un eventuale PG arbitrale lo portano per definizione in conflitto narrativo
con i PG dei giocatori, creando un paradosso fra la funzione e l'azione
arbitrale

Forse sono un illuso ma questa è la mia concezione di arbitro. Quello che mi
sforzo di essere quando ricopro questa funzione: l'arbitro diventa il nume
del nostro otium, e la sua parola, nell'ambito della specificità della
nostra attività sociale, il gioco, verrà presa quale parola di una vera
auctoritas, a patto di adempiere alla funzione che gli è demandata.

Sì. Anche se è un arbitro amatoriale.

Vi sembra assurdo?

Digio



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